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Le due tipologie di viaggi in letteratura (prima di andare in vacanza)

Viaggi-letteratura Le tipologie di viaggi in letteratura

Lo ammetto, mi piace viaggiare. E con un biglietto di sola andata, per giunta. Ti sembrerà una dichiarazione romanticona e un po' naïf, ma…

Okay, hai ragione!

Nella scrittura creativa e, nel dettaglio, in molti romanzi fantasy dati alle stampe da una quindicina d'anni a questa parte si assiste alla ricomparsa di un cliché ormai (ab)usato: l'eroe di turno - impacciato e ignaro dei propri poteri magici – rivoluziona la sua vita in compagnia di due strambi amici a lui fedelissimi per mettere le mani su *inserisci artefatto casuale* che salverà il mondo dalle forze del Male – rigorosamente con la M maiuscola. Male.

Il Signore degli Anelli si basa quasi interamente sulla struttura narrativa in questione.

Tuttavia, esempi di viaggi in letteratura ne abbiamo (molti) altri. Il più interessante compare in La strada di McCarthy: in un'ambientazione post-apocalittica, padre e figlio si mettono in cammino alla ricerca di cibo e rifugi sicuri. Dopotutto, non c'è alternativa: nel mondo narrativo di McCarthy chi si ferma è perduto.

Ora, le mie avventure on the road sono un tantino meno elettrizzanti. L'unico temibile mostro incontrato in oltre sei anni di nomadismo digitale – con i miei inseparabili libri stipati sul fondo di una valigia – è la dicitura "In ritardo" scritta in un font tozzo e bold accanto alla città in cui sono diretta. Una faccenda brutta, davvero.

In aggiunta, poiché scioperi e ritardi aumentano vertiginosamente durante la stagione estiva – proprio come le temperature ustionanti di mezzodì – ho finalmente avuto modo di riflettere sull'essenza stessa del viaggio mentre me ne stavo stipata nel Gate 45E gremito di turisti incavolati neri da oltre quattro ore.

Mi sono chiesta: può esistere una storia con la S maiuscola senza un viaggio… di qualche tipo? Non è forse vero che il mettersi in cammino è il motore narrativo che consente ai personaggi di evolvere, di maturare, di scoprire, di fallire, o magari di innamorarsi?

Per trovare una risposta completa e soddisfacente, in quest'articolo pre-partenza voglio ricondurre la tua attenzione sul tema dei due viaggi possibili in letteratura: quello geografico e quello interiore.

Prossima destinazione? Rifugio del cattivo! Come integrare il viaggio geografico all'impianto narrativo della storia

Partiamo da un presupposto: in un romanzo fantasy, thriller o giallo che sia, l'obiettivo dell'autore consiste nella descrizione degli scenari narrativi – quelli in cui si svolgono gli eventi – in maniera vibrante, empatica e dettagliata. Ma anche coerente e stimolante, affinché il lettore riesca a seguire il filo della vicenda. Tutto il resto, non è così importante. Il mondo della letteratura è pieno zeppo di best-seller che, ambientati in un'unica città di provincia, stanno "perfettamente in piedi" in virtù dell'adeguata caratterizzazione dei protagonisti e degli scenari narrativi.

Il viaggio di natura geografica, che si è progressivamente trasformato in un cliché, può dunque essere svecchiato in molti modi: viaggiando con la fantasia o indietro nel tempo, imponendo ai personaggi di trasferirsi di frequente in nuovi appartamenti e/o città, mettendo in moto gli alleati del protagonista senza seguirli, con la cinepresa del narratore, in ogni fase della loro evoluzione.

Insomma, la risposta alla domanda "Il viaggio geografico è un must?" è ovviamente negativa. Sta a te – magari in compagnia del nostro programma di coaching – riuscire a tenere i lettori incollati alle pagine del tuo prossimo masterpiece, valorizzando spazi delimitati ma affascinanti – fosse pure un bosco, un castello o una città di provincia.

Fosse pure un aeroporto dal quale non ho alcuna speranza di uscire indenne.

Ah, l'estate!

Infine, in un giallo, in un thriller o in un poliziesco il cambiamento dello spazio si lega, a doppio filo, a quello mentale dell'investigatore della vicenda. Mentre Sherlock Holmes se ne va in giro a ficcare il naso nell'alibi dei sospettati, ingenera un climax narrativo che lo approssima alla possibilità di acciuffare il colpevole.

Il viaggio interiore dell'eroe è una "cosa" seria: ecco perché

Mettiamo caso tu abbia deciso di ridurre al minimo l'introduzione del viaggio geografico nella trama del tuo prossimo libro. Non vuoi mica scrivere un secondo Il giro del mondo in 80 giorni. Nossignore. La tua vicenda si sviluppa nel cuore pulsante di una piccola comunità di pastori, di scienziati, di sportivi, di cuochi, di provinciali, di impiegati postali e chi più ne ha, più ne metta. Bene, sei davvero sicuro – ma davvero davvero – di voler rinunciare al viaggio interiore del tuo protagonista?

Affinché la tua storia lasci una traccia emotiva nella mente del lettore, è importante rivolgere la tua attenzione al bagaglio di esperienze del personaggio al fine di ingenerare un arco di trasformazione via via crescente.

Pensa alla buona riuscita di 1984, di George Orwell: un romanzo ambientato interamente di una città sconosciuta. Una cittadina come tante. Eccezion fatta per una gita fuori porta, di viaggi non ce n'è manco l'ombra. Eppure, l'evoluzione interiore del protagonista-dissidente è notevole, inquietante, disturbante. Anche il personaggio della tua vicenda deve cambiare (in meglio o in peggio, poco importa), proprio perché il percorso formativo è il fulcro di ogni libro che vale la pena destinare al pubblico di lettori.

A mio avviso, il motivo è da rintracciare nella possibilità di modificare il corso naturale degli eventi, modellando le infinite possibilità del futuro come plastilina nelle mani di un bambino.

Bene, mi auguro che il breve ripassino sui viaggi letterari, mentre siamo in procinto dei viaggi estivi, sia stato utile o quantomeno stimolante.

Nel frattempo, mentre ti metti alla ricerca del volo Ryanair a 7,99 euro su cui far salire l'elfo magico della tua trilogia fantasy, io mi metto in fila per il controllo passaporto.

È tempo di tornare a casa.

O forse no?

Alla prossima!

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