Alla fine, le mie sensazioni, ricavate dall’esperienza diretta, hanno trovato perfetta collocazione teorica.
Me l’ha fornita una nostra autrice, famosa psicologa, studiosa dei meccanismi della comunicazione, manifesta o subliminale. “Valeria” mi ha spiegato un giorno “il digitale ha spalancato al nostro immaginario le porte di universi praticamente sconfinati e li ha resi accessibili a tutti. Un click e davanti agli occhi ci appare qualunque cosa. Però…”
Eccolo il però che avevo intuito pure io. Esiste, eccome.
“Il digitale che esalta la vista ci ha portato ad accantonare un altro tra i nostri sensi, altrettanto fondamentale. Stiamo perdendo il tatto” ha concluso l’esperta, sfregando tra loro le dita delle mani, a visualizzare il concetto.
È proprio così. Il nostro campo, quello dell’editoria, ci fornisce un ottimo esempio del fenomeno.
L’elettronica ci ha fatto dimenticare la sensazione unica della pagina tra le dita, il contatto con la carta, ruvida o patinata, martellata o goffrata. La magia che si innesca con lo sfogliare una presentazione, un portfolio, una brochure – di quelle belle sul serio – il percorrere con l’occhio e la mano la fantasia delle grafiche, la combinazione tra parole e illustrazioni, l’alternanza tra titoli e paragrafi appaga non solo gli esteti, ma colpisce tutti.
Fare omaggio di un company profile che riesca a farsi notare e ricordare per la sua originalità è diventato un gesto dall’eleganza forse antica, eppure ancora raffinata ed esclusiva.
Se fatto come si deve, è anche una mossa dalla massima efficacia pubblicitaria.