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Nel mondo dei rifiuti letterari

Capolavori cestinati. A volte val la pena riprovare. Bozze da correggere e rendere il tuo scritto un'opera migliore
A volte val la pena riprovare

Il manuale che il lettore sta cercando, il romanzo che l'editore sta sognando, il capolavoro che merita di essere dato alle stampe, è un libro che potrebbe – per così dire – sfuggire a una prima, frettolosa valutazione.

In quest'articolo parliamo di rifiuti. Non di rifiuti d'amore – ma a pensarci bene, non è forse vero che l'editore scarta possibili "partner di carta" in una sorta di Tinder letterario sui generis? – ma di autori rifiutati che, con il passare del tempo, sono saliti di diritto sul Monte Olimpo del panorama letterario nazionale e internazionale.

E siccome le sfighe degli altri hanno il vantaggio di dare un boost all'autostima di tutte le aspiranti penne esordienti, ecco a te una selezione stellata di cinque rifiuti ai danni di manoscritti che si sono successivamente affermati come capolavori mondiali.

Capita, eh.

01 - «Never did any book so bore me» sono le parole pronunciate da Virginia Woolf dopo la frettolosa lettura di duecento pagine dell'Ulisse di James Joyce. Traduzione? Una noia mortale - per farla breve. La scrittrice, che aveva già dato alle stampe altri scrittori del gruppo di Bloomsbury, rifiutò il manoscritto senza mandarle a dire. Al momento dello storico rifiuto, lo sventurato autore aveva collezionato una lunga sfilza di "no" a causa del contenuto impudico e della forma anticonvenzionale del proprio masterpiece. Tra i critici moderni, i più smaliziati riconoscono nelle parole della Woolf un serpeggiante spirito di competizione – probabilmente dettato dalle novità stilistiche brillantemente introdotte dal collega irlandese. In ogni caso, le lettere della scrittrice si scagliano con veemenza contro l'inconsistenza dell'opera joyciana. Dopo una breve tiratura data alle stampe da una libreria parigina, il buon James firmerà con la casa editrice a stelle e strisce Random House e raggiungerà l'apice del successo in Europa e Oltreoceano. In ogni caso – siamo sinceri – la Woolf non aveva poi tutti i torti. De gustibus, eh!

02 – La unholy Lolita di Nabokov non se la passò meglio. Quattro – e ripeto, quattro – case editrici cestinarono il manoscritto a causa della trama inopportuna, proibita e scabrosa del futuro best-seller. Preso dallo scoramento, Nabokov tentò di sfondare a Parigi. Nel 1955, una casa editrice focalizzata sulla pubblicazione di narrativa erotica, l'Olympia Press, decise di dare una chance a Lolita – ma senza grandi aspettative, s'intende. Benedetto l'intuito dell'editore che salvò all'oblio l'opera dello scrittore di San Pietroburgo. Il romanzo si trasformò ben presto in un caso editoriale e venne tradotto in (quasi) tutte le lingue. In Italia finirà nelle mani di Mondadori soltanto nel 1959, dopo che Garzanti ne rifiutò la pubblicazione a causa dei guai legali affrontati a seguito della stampa di Ragazzi di vita di Pasolini. Una lunga, lunghissima catena di rifiuti che non ha scalfito la portata letteraria del capolavoro di Nabokov.

03 – Beh, lo so cosa stai pensando. «Maledetti editori, dovrebbero cambiare mestiere…». Frena, frena. Errori con la E maiuscola vennero commessi anche da intellettuali del calibro di Italo Calvino e di Cesare Pavese. Non mi credi? Nel 1948 venne rifiutato Se questo è un uomo di Primo Levi, cestinato senza pietà da Cesare Pavese e da Natalia Ginzburg. Il manoscritto venne dato alle stampe da una micro-casa editrice piemontese, la De Silva, nella tiratura iniziale di 2500 copie. Il boom dell'opera si ebbe quando Calvino recensì Se questo è un uomo sulle pagine dell'Unità con elogi e lusinghe a non finire: "Libro magnifico, non è solo una testimonianza efficientissima, ma ha delle pagine di autentica potenza narrativa, che rimarranno nella nostra memoria tra le più belle della letteratura della Seconda guerra mondiale".

04 – Certo è che Calvino non se la cavò meglio nei panni di editore. Celebre è infatti il rifiuto selettivo delle opere firmate da Guido Morselli. Il bolognese ricevette pareri negativi nel corso della sua intera carriera letteraria e non ottenne mai di essere pubblicato. Morì suicida nel 1973. Lo scritto incriminato sarebbe stato Il comunista (del 1965), dato alle stampe anni dopo dalla casa editrice Adelphi. L'Einaudi di Calvino rifiutò il lavoro di Morselli, pur apprezzando moltissimo alcuni aspetti dell'opera. La morte prematura dello scrittore incompreso giunse alle orecchie di Alberto Moravia, che dichiarò in un'intervista: "Ha fatto malissimo [a togliersi la vita]. Visto che era ricco poteva fare come me, che a vent'anni feci pubblicare a mie spese Gli indifferenti". Il romanzo di Moravia era stato infatti declinato da un piccolo editore del nord Italia perché giudicato "una nebbia di parole".

05 – Infine, sappiamo per certo che Stephen King collezionò, tra il 1967 e il 1974, una carrellata di rifiuti degni del Guinness World Record dell'incomprensione. Circa trenta i "no" con i quali vennero liquidati i lavori dello scrittore statunitense. Tra i commenti più esilaranti spicca senza dubbio la valutazione di un funzionario editoriale: "Non ci interessano i racconti di fantascienza con utopie negative. Non vendono". Sarà forse il caso di cambiare mestiere?

Insomma, mio caro scrittore, prima di condannare a morte la bozza del tuo prossimo romanzo o manuale, lavora con passione e trasformala nella sua versione migliore.

In che modo?

Con un editing fatto a regola d'arte, ad esempio, oppure con un'esperienza di coaching letterario che ti permetterà di colmare eventuali lacune tenendo fede allo stile della tua penna.

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