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Cliché, se li conosci li eviti (oppure li usi come si deve)
+Lui, bad boy senza macchia e senza paura. Enigmatico, geloso e irascibile trasforma la vita di una co-protagonista ordinaria in un climax di scappatelle compromettenti e di follie pericolose, anzi, pericolosissime. Poco importa che il principe azzurro della vicenda sia un narcisista patologico amante delle sfuriate e innamorato soltanto della sua Harley Davidson. Love lasts forever, e la protagonista del romanzo cadrà ai suoi piedi – nella speranza che abbia indossato il casco, quantomeno!
Lei, studentessa modello con una pila di libri di biologia sottobraccio. L'incontro con il bad boy manda in tilt i suoi ormoni – Mayday, Mayday – trasformandola in una femme fatale irresistibile. Nel 90% dei casi, si lascia irretire dalle parole lusinghiere del partner per timore di perderlo. Dopo un incidente semi-mortale provocato dallo sciagurato, prende le distanze dal bad boy per un paio di settimane «Perché ho bisogno di riflettere su cosa siamo…». Dopo un incontro inaspettato tra i due e una valanga di pagine riempite di bla-bla e di ripicche, l'amore trionferà su tutto.
E se ti stai chiedendo, «suona familiare… Dov'è che l'ho già letto questo romanzo?», la risposta è – rullo di tamburi – nella Biblioteca dei Cliché. O nella Libreria degli Stereotipi, che dir si voglia. L'espressione francese ha un'origine onomatopeica. È la trascrizione del suono prodotto dalla matrice nell'incisione tipografica standard. Quest'ultima consisteva nella realizzazione di una sorta di timbro che, impresso sulla stampa, produceva un cli-ché metallico. E in effetti, tutte le volte in cui decidiamo di affidarci a una manciata di luoghi comuni per sviluppare l'idea alla base di un romanzo o per esprimere una qualsiasi opinione, ci serviamo di un concetto già usato, timbrato e stampato troppe volte.
Resta da capire come e perché evitarli, i cliché.
La ragione è evidente. Le proposte editoriali pullulano di protagonisti maledettamente stereotipati. È possibile che l'autore sia talentuoso ed esperto – cioè che abbia le competenze necessarie per gestire il tempo e lo spazio della vicenda, oppure per "guidare" la macchina narrativa del romanzo – eppure, scadendo nel prevedibile, toglie mordente e vitalità ai personaggi della storia. Nei panni dei lettori, lo sbadiglio è assicurato, il colpo di sonno (quasi) auspicato.
Tuttavia, dammi tempo di spiegare. Un libro di spessore – e no, non mi riferisco al numero di pagine – non deve perseguire la strada dell'originalità a tutti i costi. Le storie comuni hanno il vantaggio di essere universali, cioè facilmente "digeribili" da un pubblico vasto ed eterogeneo. Si fondano su archetipi narrativi standard e non hanno bisogno di lunghe ed elaborate presentazioni per essere comprese dal destinatario dell'opera. In ogni caso, nel racconto di una vicenda e nella costruzione dei personaggi è importante creare un mix sapientemente bilanciato di aspetti familiari e di elementi inaspettati. È proprio questo a rendere unico (e desiderabile) un romanzo. Nei panni di futuro bestsellerista devi imparare a dosare i cliché nella misura corretta. Da un lato, infatti, una carrellata di luoghi comuni finirà per stancare e annoiare il lettore – e tu, caro mio, non vuoi correre questo rischio – e, dall'altro, la totale mancanza di stereotipi all'interno del libro danneggerà la verosimiglianza della storia.
Perché sì, diciamo le cose come stanno: nella vita vera i cliché e gli stereotipi consentono di interpretare la realtà in maniera più agevole. Per quanto siano fastidiosi come zanzare estive (ZZZ!), non possiamo farne a meno. C'est la vie!
E come li evito 'sti cliché?
C'è un problema. Un problema grosso. I cliché narrativi sono tantissimi. Un po' perché il bisogno di semplificazione della mente umana non ha risparmiato neppure l'arte (in ogni sua forma) e un po' perché ogni genere letterario si scontra quotidianamente con stereotipi triti e ritriti, sedimentati dal tempo. Qualche esempio? La donna-angelo, il vecchio-saggio, l'utopia (o la distopia), il viaggio, la misoginia, il soprannaturale, il deus ex machina e chi più ne ha, più ne metta. Approfondire ogni cliché è teoricamente impossibile – in pratica richiederebbe la pubblicazione di un manuale di scrittura, non di un articoletto.
Tuttavia, voglio suggerirti un paio di spunti di riflessione:
- Leggere tanto, tantissimo. Approfondire i masterpieces del genere letterario che intendi padroneggiare ti consentirà di riconoscere, almeno a grandi linee, gli schemi narrativi più comuni. Piccolo consiglio bonus: perché non provi ad aggiungere allo scaffale della tua libreria libri e manuali dati alle stampe in epoche diverse?
- Valuta la natura del cliché. Il luogo comune è ancora buono, oppure dev'essere smaltito nell'umido quanto prima? Immaginando di voler scrivere un romanzo fantasy, l'idea (non) originale del "viaggio nel tempo" è un pattern letterario che ha alle sue spalle una lunga tradizione. Scoprire i romanzi in cui prevale il cliché prescelto ti aiuterà a scoprire in che modo altri scrittori prima di te hanno sviluppato lo stesso tema.
- Esercitati con costanza. Metti nero su bianco una lista di tre cliché. Scegline uno. A questo punto, scrivi un racconto breve basato sullo stereotipo che ti ispira di più. Cerca di trovare un approccio originale, gioca con il ritmo della narrazione o serviti dei dialoghi per proiettare il lettore in una dimensione coinvolgente ed energica.
Ricorda: i cliché sono spunti letterari (ancora) vivi nella misura in cui l'autore sarà in grado di modellare il materiale narrativo come plastilina. L'obiettivo? Lasciare al lettore la sensazione fugace di essere stato parte di una vicenda irripetibile.
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