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Book cover design: le copertine che hanno fatto la storia

La copertina è il biglietto da visita del tuo libro La copertina è il biglietto da visita del tuo libro

Udite, udite!

Prima di proseguire nella lettura di questo articolo, ti consiglio di procurarti una lastra di granito – suvvia, chi non ne tiene una in cantina? – per scolpire nella pietra la regola aurea di qualsiasi best-seller: il libro si giudica prevalentemente dalla copertina.

Lo so, hai digitato sulla tastiera del tuo laptop fino a farti venire la "tendinite dello scrittore". Adesso che la parola "Fine" campeggia in corsivo sull'ultima pagina del manoscritto, non vedi l'ora di condividere con i tuoi amici – o per meglio dire – con l'Italia intera – ma che dico?! – con tutto il mondo (Artico e Antartico compresi), le idee contenute nel tuo capolavoro letterario. È il tuo masterpiece, la tua Divina Commedia, la tua Madame Bovary. Va bene, se lo preferisci può essere persino il tuo Cinquanta sfumature di Grigio, noi di Ghostwriter® siamo di mentalità aperta!

Tuttavia, non cadere nell'errore di credere che un prodotto editoriale sia soltanto scritto.Il libro viene anche visto, toccato e sfogliato. Font, materiali e colori sono i Tre Moschettieri che renderanno il tuo testo appetibile per il grande pubblico. Di conseguenza, levati dalla testa l'idea di contattare Fabio – il cugino di secondo grado che ha studiato al Liceo Artistico di Tor Bella Monaca – perché la buona volontà e una discreta conoscenza di Paint non saranno sufficienti, da sole, a portare il tuo libro sul Monte Olimpo della letteratura.

No, non si discute!

D'altronde, noi di Ghostwriter® amiamo complicarci la vita per semplificare invece la tua (e quella dei nostri clienti). Di conseguenza, ci siamo armati di tanta pazienza, due caffè e una limonata con ghiaccio – perché fa davvero caldo, e con il "vroom" del condizionatore è impossibile concentrarsi – per partire alla scoperta di un viaggio nel passato del book cover design. Il modo più figo e international per dire: 'a copertina del libro.

La storia delle cover lunga (e un po' noiosa) riassunta in poche righe

Hai presente Adamo, Eva e il serpente?

No, aspetta! Non devi mica prendere spunto dalla copertina della Bibbia, ma che vai a pensare?

Intendo dire che la storia del book cover design non è poi così dissimile dal paradiso tropicale dell'Eden. In principio – quando tutto ha avuto inizio – i libri erano nudi, proprio come mamma li ha fatti. Né copertina né sommario, né prefazione né editore in prima pagina. A dire la verità, non c'era neppure quella foto in bianco e nero che tutti, ma proprio tutti gli scrittori di pseudo-successo si lasciano scattare nella posizione del Pensatore di Rodin.

Perché mai, poi?

I libri – proprio come Adamo ed Eva – ricoprivano le loro nudità con leggeri fogli piegati e sovrapposti. Era poi il compratore, presumibilmente un riccone non da poco considerato il costo della stampa, che sceglieva come rilegare la new entry della sua libreria. Per darti un'idea per nulla anacronistica della cosa, i romanzi Harmony venivano rivestiti con sottili fogli di pergamena, i più economici sul mercato. Di contro, i libri di un certo spessore – che ne so, "La montagna incantata" di Thomas Mann – erano trattati con pelle o inserzioni in oro. Tuttavia, nessuno si curava di scrivere sulla copertina nome e cognome dell'autore, titolo dell'opera e anno di stampa. Un po' perché i libri erano tanto rari da essere insostituibili, un po' perché i costi sarebbero levitati ulteriormente – un investimento non da poco per un romanzo che rischia di avere un finale deludente, non trovi anche tu?

La Naked Edition dei libri è andata avanti per circa tre secoli. La totale mancanza di immagini, colori e illustrazioni – poche e pure fatte male – non rendeva i testi molto appetibili. Di conseguenza, quando il boom dell'alfabetizzazione ha bussato alla porta dell'editoria tradizionale e si è percepito il bisogno di catturare l'attenzione dei potenziali lettori – TAC! – il concetto di pubblicità ha fatto capolino nella storia del book cover design, tentando i compratori come il serpente con la sua mela proibita. Al giorno d'oggi, l'equazione copertina brutta = zero vendite viene insegnata sui banchi di scuola. Nessuno mette in dubbio il primato della componente grafica/visuale su quella editoriale. Dal logo ai colori, dal packaging alla sottile striscia di carta che elogia le vendite dell'autore; ogni elemento è pensato per farti dire: «wow, sei l'uom… ehm, pardon, il libro perfetto per me!».

Tre copertine di libri che hanno qualcosa da raccontare

Sì, non sono soltanto i libri a raccontare storie. Alcune cover hanno avuto voce in capitolo e si sono distinte – nel corso degli anni – per iconicità e accuratezza. Qui di seguito, trovi la personale Top 3 che noi di Ghostwriter® abbiamo stilato appositamente per te.

01 – "Il giovane Holden" di J. D- Salinger (1951) – Il libro più amato dagli adolescenti statunitensi, brufolosi e ribelli, non può che meritare un posto nella nostra personale classifica di book cover design. Perché se da un lato Mr. Salinger spingeva affinché il testo venisse pubblicato con una copertina total-white – la stessa con cui "Il giovane Holden" viene dato alle stampe da Einaudi, nella sua versione italiana – dall'altro, l'illustratore Michael Mitchell ha pensato bene di metterci lo zampino. E così, in barba alle richieste concettuali dell'autore, ha raffigurato un cavallo al galoppo circondato da uno sfondo metropolitano rosso fiammante. Insomma, la Formula 1 delle copertine novecentesche. E dire che il malcapitato autore voleva che i lettori scegliessero il suo libro per il contenuto, e non per la cover. Chi può dire se le vicende di Holden Caufield avrebbero fatto il boom anche in versione black & white?

02 – "Arancia meccanica" di Anthony Burgess (1972) – Bombetta nera, bretelle blu elettrico e occhio metallico che rievoca il "tic-tac" di un orologio. La copertina che omaggia il protagonista della vicenda – lo squilibrato Alex DeLarge – è il parto creativo di David Pelham, illustratore tra i più prolifici del secondo Novecento. Inutile dire che il film cult, che tutti noi abbiamo visto almeno una volta su Italia 1, ha mantenuto intatta l'estetica della cover originale, portando alla ribalta la dicotomia descritta dall'autore: uomo e bestia, condensati in un solo personaggio.

03 – "Lo Hobbit" di J.R.R. Tolkien (1937) – Se anche tu hai sfogliato a ritroso le pagine del masterpiece di Tolkien nella speranza di capire da dove spunti fuori Thorin Scudoquercia e chi diamine sia Dain Piediferro, ho una buona notizia per te: la copertina originale de Lo Hobbit è relativamente minimal se paragonata all'intreccio della trama. Tre i colori usati – no, non quelli della bandiera italiana: bianco, verde e blu. Montagne, un tramonto, qualche uccellaccio rapace all'orizzonte e la foschia della vetta di Zio Sauron. 'Sta bella accoppiata ha un valore stimato di sessantamila dollari. Per dire che il book cover design gioca un ruolo tutt'altro che secondario.

Sei più confuso di prima?

Lo so, è naturale. Ma tu lo sai che noi di Ghostwriter® non ci occupiamo soltanto di parole, ma anche di disegni e cover design? La nostra redazione è piena zeppa di illustratori esperti, di quelli che – pouf! – aprono Adobe Illustrator e fanno magie. Poi non fare che ti affidi a Fabio, il cugino di Tor Bella Monaca, e trasformi il tuo potenziale bestseller in un libro da mercatino dell'antiquariato (hai presente quello con il bollino giallo graficato su Paint "tutto a 1 euro"?).

Mandaci un messaggio, spiegaci su per giù il tuo target di riferimento e beviti una limonata con ghiaccio mentre attendi le nostre tre proposte di copertina professionale.

Pensiamo a tutto noi (e siamo pure simpatici!).

Il giovane Holden
Arancia meccanica
Lo Hobbit

Copyright

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