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Abitudini salva-scrittore per digitare la parola “Fine” al tuo prossimo libro
Ah, il lampo di genio! L'ispirazione improvvisa, fulminea, vertiginosa. È il Sacro Graal degli scrittori emergenti o navigati, ma anche di pubblicitari, creativi, ghostwriter e traduttori editoriali. Prima di indossare il lenzuolo svolazzante di una scrittrice fantasma, non sai quanto mi sia arrovellata sui temi in questione, nella speranza – ahimè, fallimentare – di capire perché alcune penne siano inarrestabili e prolifiche e perché altre (la mia, coff coff) rappresentino l'apoteosi della lentezza, l'ode ai bradipi, il cantico del «Mi alzo tra cinque minuti!».
Ci siamo intesi, no?
In quel mare magnum di libri e libretti che prendevo in prestito, anni fa, nella biblioteca della mia cittadina di provincia, mi sono imbattuta in un genere letterario sui generis – macché, in un segreto anti-procrastinazione da 110 e Lode. Mi riferisco all'illuminante lettura di quaderni e taccuini redatti dai migliori scrittori del Novecento: un itinerario intellettuale, culturale e umano che consente di gettare sguardi fugaci sul mondo sommerso di un autore con la A maiuscola. Nella mia libreria personale non possono mancare i Taccuini di Albert Camus, nell'edizione Bompiani, e il celebre Mestiere di vivere di Cesare Pavese, edito da Einaudi.
«Beh, e quale sarebbe il vantaggio di spettegolare nella vita dei nostri scrittori preferiti?» mi chiederai.
Sai cosa? Le (buone) abitudini.
Ritmo, rigore e disciplina. La scrittura di un libro è una (dis)avventura bellica
Ah, sia chiaro: buone abitudini che io non posseggo. In oltre quattro anni di ghostwriting matto e disperatissimo in condizioni extreme – l'estate incendiaria della Grecia, il freddo polare dell'Islanda e la connessione Wi-Fi balbuziente della Turchia che mi ha costretta a riscrivere più pagine più volte per problemi di salvataggio – ho continuato testardamente a creare quando mi viene, col risultato di trascorrere notti insonni a inventare titoli pseudo-accattivanti per capitoli e paragrafetti.
Se solo fossi la protagonista di un quadro: Donna sull'orlo di una crisi di nervi. Artista fantasma, Museo dei disorganizzati, Olio su tela, 2022.
C'est la vie. Il punto è un altro: col termine "successo editoriale" non mi riferisco a dobloni tintinnanti nelle tasche di self-publisher o case editrici indipendenti, bensì alla capacità di settare un obiettivo – in stile «Scriverò il mio primo romanzo, costi quel che costi» - e di portarlo a termine, di digitare la parola "Fine" al manoscritto che hai a lungo rimaneggiato.
Che poi venga apprezzato dal pubblico, dalla critica o dal cuGGino di secondo grado… chi se ne importa? Il tuo compito non è quello di compiacere i lettori, ma di scrivere libri. E per quanto possa sembrare controintuitivo, è proprio quest'ultimo aspetto a mettere in crisi la maggior parte degli scrittori.
Come annunciato qui sopra, il processo creativo si caratterizza per una lunga lista di nemici belligeranti: la paura della pagina bianca, il blocco dello scrittore, la mancanza di ispirazione, il dizionario dei sinonimi-contrari, i dubbi grammaticali e, infine, l'abuso degli avverbi. E le ripetizioni? E le descrizioni soporifere? E i buchi nella trama?
Per trovare il bandolo della matassa in una marea di autori-procrastinatori DOC è sufficiente vestire i panni dello stratega disciplinato o dello scolaretto giudizioso al fine di stabilire come, quando e perché concludere un progetto.
Funziona. Strano, ma vero.
Consigli random per un'esperienza di scrittura più immersiva
"Random" perché sono un po' farina del mio sacco, un po' scopiazzati dai taccuini e diari di cui sopra.
1. Scrivi fino a stramazzare al suolo
«Ma che consiglio è? Sei fuori di testa?» mi dirai.
Senti un po', take it easy, non è mica una mia idea. Il teorico del metodo masochista per antonomasia (ouch!) è Franz Kafka. Dal momento che il lavoro impiegatizio gli impediva di prendere la penna in mano durante la giornata, il genio Made-in-Prague si attardava fino alle 23, dormiva un paio d'ore e riprendeva a scrivere prima dell'alba, a seconda della (poca) lucidità mentale rimastagli.
Funziona? In realtà sì. Senza entrare nel merito neuroscientifico della questione, ricorda che gli stati di coscienza alterati permettono di abbandonare la mente a fantasticherie, similitudini e soluzioni creative che, nel rigore della quotidianità, non riuscirebbero a manifestarsi.
2. Affidati alla sorte (ché tanto peggio di così non può andare)
Vuoi essere incisivo, brillante, tagliente, disturbante con un bambino di quattro anni che urla a pieni polmoni durante il riposino post-pranzo. Tuttavia, non hai idee e i tuoi pochi spunti descrittivi lasciano il tempo che trovano. L'autore di Arancia meccanica, Anthony Burges, ritrovatosi nella medesima situazione, prendeva talvolta il dizionario, lo apriva a caso e usava le prime due o tre parole per cominciare la descrizione di una scena o di chissà cos'altro.
Ora si spiega come gli sia venuto in mente d'intitolare il suo masterpiece… Arancia meccanica!
3. Imponiti delle scadenze
Questo (noioso) suggerimento deriva dalla mia esperienza pluriennale di procrastinatrice seriale e d'instancabile stacanovista a tre giorni dalla consegna di un libro. Prendersela (troppo) comoda è un problemone serio, fidati di me.
Ma come si fa ad auto-fissare una data di consegna, soprattutto se siamo self-publisher con la libertà di lavorare dove, quando e come ci pare? Ecco, io non ne ho idea – motivo per cui se qualcuno, tra i miei lettori, ha già risolto il millenario arcano è pregato di scriverlo in un commento qui sotto. Quel che è certo è che la combo "scadenza + isolamento" funziona (quasi) sempre. Sii asociale per tre o quattro ore al giorno prima di tornare a essere il party-animal del tuo gruppo di amici. La scrittura creativa necessita di dedizione, autocontrollo e silenzio.
4. Imponiti un obiettivo che sia difficilmente raggiungibile, ma quantomeno stimolante
Tra un manoscritto e l'altro, mi capita di scambiare quattro chiacchiere con altri ghostwriter svolazzanti. Puntualmente, mi viene detto che «Io non scrivo mai meno di 1000, 4000, 8000 parole al giorno». Anche Tom Wolfe si poneva l'obiettivo di completare dieci pagine al dì. Se riusciva nell'intento in tre ore, allora riponeva la macchina da scrivere e si dedicava ad altre attività. In caso contrario, restava seduto alla scrivania fino a dodici ore di fila.
Ti consiglio di fare lo stesso?
Ehm, no!
Un po' perché la sedentarietà ti trasformerà in un fantasmino senza muscoli e col fiato corto anche quando dovrai aprire un pacco di grissini, un po' perché la soddisfazione creativa non ha nulla a che vedere con un numero. Ci sono giorni in cui scrivo 1500 parole in una sessione, altri in cui dedico metà della mia giornata lavorativa alla ricerca di informazioni per un paragrafo di 300 parole.
Va bene così.
L'importante è alzarsi dalla sedia con la consapevolezza di aver imparato qualcosa e di aver buttato nero su bianco il miglior pezzo (nelle nostre possibilità, s'intende).
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Buon lavoro!
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